Dialoghi di Mauro Romano

mostra personale  dal 04/11/2025 al 15/11/2025

Spazio Urano Via Sampiero di Baselice 12 Roma (RM)


Dialoghi di Mauro Romano Dialoghi
Mostra personale di Mauro Romano
a cura di Monica Pirone
dal 4 al 15 novembre
vernissage 4 novembre ore 18,30
Spazio Urano
via Sampiero di Bastelica 12, Roma
Visitabile tutti i giorni su appuntamento
tel 3290932851 info@spaziourano.com


Spazio Urano presenta sei opere di dimensioni medio grandi dell'artista Mauro Romano di recente realizzazione.

“Domenica saremo insieme, cinque, sei ore, troppo poco per parlare, abbastanza per tacere, per tenerci per mano, per guardarci negli occhi “ (Franz Kafka)

“Nel lavoro di Mauro Romano possiamo sentire la responsabilità di essere artisti, non solo nei contenuti dei temi che affronta, ma anche nella tecnica che applica lavorando la tela in ogni spazio, divorando le linee che sono continue tracce di una ricerca per trovare un sé, capace di adempiere un duro lavoro, con la gioia della pratica pittorica, ma anche con il peso di cercare soluzioni. Nel suo percorso di studio i riferimenti al surrealismo sono stati la linea per una strada che nel tempo si è modificata e si è riempita di nuove immagini, ma soprattutto di differenti intenti, scarnificando sempre più quella realtà effettiva che a tratti ora possiamo vedere svuotata da linee di riferimento esterno e cercando sempre di più una verità nascosta che ci parla più dell’anima delle cose che del loro aspetto esteriore. Lasciata la volontà di rappresentare ciò che appare e liberato dal compito di comunicare a tutti ed intrapreso il viaggio dentro l’effettivo senso della vita, oggi Mauro Romano ci racconta di scambi, relazioni, dialoghi e lo fa con la forza e l’entusiasmo di un eterno fanciullo che sa sorprendersi della sua capacità di non volere creare muri, non solo tra i protagonisti delle sue opere, ma anche tra se stesso e la tela. Un fiume di grossa materia crea l’ombra stessa di ciò che con foga ed energia riesce a scaricare sulla superficie, lontano da regole e libero di spaziare dalla pittura astratta informale, alle tracce corpose di Vedova, all’istinto dei corpi scarnificati di Basquiat, all’anima dei corpi senza volto e deformi di Baselitz destrutturando non solo la forma, ma anche ciò che compone la nostra mente ed i processi di percezione e conoscenza ad essa connessi.
Ne La partenza, un olio su tela di 100x120 del 2024, l’artista scatta una foto fissando il momento dei saluti tra una madre ed un figlio, un addio, un arrivederci, un bentornato non ci è dato sapere, ma la vibrazione interna al quadro i suoi toni scuri, i corpi ridotti a sagome nere ricordano più i negativi di una foto analogica e fanno solo percepire la forma, abbandonando anatomie e andando a scavare nei sentimenti dei due protagonisti, togliendo ciò che può distrarre, per concentrarsi sul distacco e sul dolore di questo allontanamento innaturale.
Corpi antropomorfi disperati, su un fondo elettrico, acido, indigeribile, fluttuanti ed al contempo pesanti, fatti di piombo, dinamici nella forma, ma paralizzati dalla mancanza, quasi urlanti, ma senza parole, patiscono di questo distacco e dialogano con ciò che di più profondo abbiamo: le viscere, perdendo pezzi ovunque, straziati da questo che a me pare essere un addio.
In Dialogo a tre si nota quanto Romano abbia studiato De Chirico e ci si sia a tratti ritrovato, alla metafisica assenza di un tempo sospeso, l’artista sostituisce corpi anonimi che mantengono l’umanità a malapena, in un naso abbozzato sbrigativamente, in una testa graffiata che giace per cercare protezione, stesi su un piano che pare inghiottirli entrambi, su un prato che più che abbracciare, risucchia, tende ad assimilare, come il rettangolo di una finestra che affaccia su un prato della periferia romana, dove Romano abita.In Romolo vs Remo , si sente forte l’influenza della fotografia, altra attività dell’artista. L’intreccio delle linee chiare crea giochi di luce che contrastano con il fondo e lo stesso fondo cambia continuamente scoprendo scenari differenti, ribaltando il primo piano e creando continuamente eterogeneità nelle campiture, di differente tratto, di spessore diverso, di piani in continuo movimento. Avete mai provato a camminare in un bosco a testa in su, lentamente per non cadere e avendo ogni tanto quel senso di nausea dato da non avere più punti fermi? Fra le linee nette dei rami scorgere foglie e poi ancora nuvole ed ancora di più l’azzurro del cielo ed altro ancora e di più e nel frattempo sentirsi leggeri, ma storditi da quella passeggiata estraniante, inconsueta e pericolosa ? In questo quadro ciò è possibile ed al di là di ciò che sta a significare ovvero la messinscena che l’artista voleva raccontarci, quel senso di nausea e spaesamento ci impediscono di coglierne la narrazione e ci portano altrove, oltre i confini dell’oggetto esplorando la nostra soggettività, attraverso linee che oramai sono altra cosa da ciò che in partenza l’artista voleva rivelarci.
Mauro Romano, lavora la tela come si forgia il ferro, scava con il pennello e graffia,, scarica materia e rende le tele pesanti, gli dona la monumentalità delle statue classiche ed al contempo si avvale dell’astrattismo per renderle immerse in fondali di stoffa leggera dove puoi scorgere la trama e l’ordito e puoi guardare oltre, al di là delle convenzioni e delle convinzioni, nell’incertezza delle nostre esistenze e nel senso profondamente tragico dell’incontro che pensa già al distacco. In dialoghi difficili da creare, lascia spazio anche al silenzio, scavando le rotte che dal cuore vanno ad un altro cuore, sovvertendo il senso profondo delle parole e immaginando esseri umani dialoganti che non aprono mai la bocca, ma che sanno davvero parlare ancora un alfabeto muto ed ancestrale che mette in relazione noi, gli animali, le cose, la natura, il mondo, forse fino ad arrivare alle stelle”.
(Monica Pirone)


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