A smile from the universe
Opere di Huang Cheng Yuan
dal 06/06/2025 al 29/06/2025
Palazzo della Cancelleria Piazza della Cancelleria Roma (RM)

A smile from the universe
A cura di Daniela Pronestì
6 – 29 giugno 2025
Opening: venerdì 6 giugno ore 17
Organizzata da King Space Gallery
Palazzo della Cancelleria, via della Cancelleria 1, Roma
Il prossimo 6 giugno (ore 17:00), presso il Palazzo della Cancelleria (via della Cancelleria 1) a Roma, s’inaugura la mostra A smile from the universe, personale di Huang Cheng Yuan. A distanza di un anno dalla mostra al Museo Scalvini di Desio, il celebre artista del Taiwan torna ad esporre in Italia con una selezione di undici opere dal 2017 ad oggi, alcune delle quali del tutto inedite, e con l’organizzazione della King Space Gallery. «Mi sento onorato di esporre in una città d’importanza storico-artistica e spirituale come Roma specie in occasione del Giubileo – ha dichiarato l’artista – e spero che la mia arte possa comunicare con i visitatori, accompagnandoli in un viaggio d’ispirazione e contemplazione». La mostra, a cura della storica e critica d’arte Daniela Pronestì, rappresenta un ulteriore capitolo del ciclo The power of the universe avviato dall’artista nel 2015, dopo un’esperienza che ha cambiato radicalmente la sua esistenza. Un momento che l’artista descrive così in alcuni suoi versi: «Stavo vagando / nel fiume del tempo e nella distesa sconfinata, / vagando avanti e indietro / tra il noto e l’ignoto, / in attesa che la vita venisse risvegliata / da un sorriso gentile». È stato, dunque, un sorriso – il sorriso dell’universo – a riportarlo in vita, ma anche a regalargli, da quel momento in poi, una forma di “veggenza”, uno sguardo lungo capace di vedere oltre e attraverso il tempo e lo spazio, di cogliere i segreti legami tra le cose viventi. «Vedere la realtà con gli occhi dello spirito – scrive la curatrice – dal punto di vista del Qi, ovvero dell’energia o “soffio vitale” che secondo la filosofia taoista permea l’universo intero e ogni cosa vivente, permette all’artista di spingersi al di là dell’apparenza, dell’aspetto sensibile del mondo, per guardare lontano, dove non può arrivare chi non abbia raggiunto questa forma di illuminazione. La quale ha inizio dentro, nell’interiorità profonda, per poi rivolgersi all’esterno, connettendo lo spirito al cosmo come un filo che lega persone, eventi, natura».
Essere nel Qi, nel respiro delle cose, percepirsi nell’unità con il tutto significa, per Huang Cheng Yuan, vedere – e quindi anche rappresentare – la realtà nella sua essenza, la quale è al tempo stesso corporea e incorporea, materiale e immateriale, senza separazione tra l’una e l’altra parte. Significa tornare «all’origine della vita» scrive l’artista, risalire al “Dao” – il principio assoluto da cui ogni cosa discende – per identificarsi con esso (Realm of emptiness). Significa farsi carico dello Yin, della parte pesante, buia, materiale dell’esistenza e, al tempo stesso, abbracciare lo Yang, per diventare leggeri, farsi portare in alto, andare verso la luce (Carry the Ying and embrace the Yang). Con il suo “corpo spirituale”, l’artista fluttua nello spazio, sfida la gravità, diventa nuvola, acqua, vento, attraversa il tempo risalendo alla fonte primigenia del tutto oppure si proietta nel futuro, immaginandosi creatura cosmica (Angel). Nelle opere recenti come I lift the veil of your future and set the light aglow, colpisce il rimando alla veggenza di uno sguardo che “solleva il velo” per scrutare in lontananza gli eventi che verranno, l’orizzonte da cui potranno germogliare nuove speranze per il mondo, mentre in Still waters run deep l’acqua che scorre “calma” nel profondo, assurge a simbolo di forza, flessibilità, capacità di adattarsi ai cambiamenti e di fluire attraverso gli ostacoli senza perdere la propria integrità.
«Quelle dipinte da Huang – aggiunge la curatrice – non sono immagini nate da un sogno o dalla fantasia, ma visioni dettate dalla capacità dell’artista di percepire la realtà sotto forma di energie che congiungono cielo e terra, uomo e universo, luce e tenebra. Anche il contorno della figura, slegato dalla definizione del volume corporeo, diventa espressione di queste forze, dipanandosi nello spazio come un filo attraversato da una corrente elettrica. Altre volte, invece, emergono dal fondo anatomie energiche, vigorose, abilmente chiaroscurate per la resa plastica, con effetti che ricordano potenza e drammaticità delle “creature” michelangiolesche, anche nell’evocazione del celestiale, del titanico, del sovrumano. Non ci sono né un tempo né uno spazio precisi ad inquadrare la scena, ma una dimensione – ora fluida come l’acqua ora pulviscolare come l’aria – in cui le cose galleggiano o rimangono sospese, dando l’impressione di una realtà che si trasforma continuamente, dentro e fuori l’artista. Dipingere diventa, allora, un modo per assecondare il libero movimento dello spirito, per intercettare, tramite il pennello, lo scorrere della vita, nel suo darsi e nel suo manifestarsi attraverso i ritmi e l’impermanenza dell’esistente. Ed è anche questo un modo per rendere universale il tema della ricerca di Dio, tema che non conosce confini o appartenenze culturali, ma tocca l’essere umano nel profondo, da sempre e ad ogni latitudine».
Altrettanto importante lo scambio osmotico tra artista e paesaggio naturale, quest’ultimo sempre presente nella sua pittura non come soggetto esplicito, ma come suggestione resa attraverso l’espressività del colore, con una gamma che spazia dal verde all’azzurro, dal rosa al violetto, passando attraverso tonalità vaporose, impalpabili, soffuse, come di nuvola o di nebbia. Ne è conferma l’opera Karesansui, che, fin dal titolo, vede il pittore ispirarsi alla cultura giapponese per immaginare un proprio “giardino” zen, fatto di acqua, ghiaccio, luce, e di figure – ma sarebbe meglio dire “presenze” o “simulacri” – che invitano a sperimentare un senso di pace e serenità, di immersione nel vivente. «Lasciate che le cose superflue vengano spazzate via dal tempo – scrive Huang – allora vedrete la gioia della semplicità e la grandezza della vita». Parole che risuonano nell’opera Joined palms a budding flower praying to the distance scelta come immagine della mostra: mani congiunte in preghiera s’intrecciano ad altre mani che indicano la via del cielo. È la strada verso una terra lontana dove ogni cosa è Luce, Verità, Spirito.
La mostra, con inaugurazione al primo piano nobile del palazzo, nella Sala dei Cento Giorni affrescata da Giorgio Vasari, si protrarrà fino al 29 giugno con i seguenti giorni e orari di apertura: dal lunedì alla domenica, 10:00/13:00 e 15:00 / 19:00.
Nato nel 1968 a Shih Fen, nella contea di Tainan (Taiwan), dopo una prima formazione al Taiwan National Art College, dove si diploma nel 1991, Huang Cheng Yuan matura la scelta di trasferirsi negli Stati Uniti per studiare al Fontbonne College in Missouri (1998) e, così facendo, aprirsi al contatto con un’altra cultura artistica. Rientrato a Taiwan, inizia la carriera di docente in diversi corsi universitari, portando avanti parallelamente un’intensa attività espositiva sia in Taiwan che in Cina, Corea, Malesia, Stati Uniti ed Europa (Germania), all’interno di gallerie d’arte, musei, centri culturali e fiere internazionali. Insignito di numerosi premi e riconoscimenti sia in patria che all’estero, Huang vanta la presenza delle sue opere in prestigiose collezioni museali in Taiwan (Chimei Museum Tainan; Museum of Fine Arts Kaohsiung; National Taiwan Museum of Fine Arts Taichung; Sun Yat-sen Memorial Hall Taipei) e in Cina (Duolun Museum of Modern Art Shanghai). In Italia ha già tenuto due personali: la prima (2023), intitolata Head for the flower season a Pistoia (Artistikamente Gallery); la seconda (2024) dal titolo Towards the light al Museo Scalvini di Desio (MB).