LOVETAH

Amore Odio. L'avventura degli occhi.  dal 14/12/2010 al 21/12/2010

  CUNEO (CN)


LOVETAH L'AVVENTURA DEGLI OCCHI
Il binomio odio-amore va a formare un vocabolo che è anche un intrigante gioco verbale (lovetah), quanto mai azzeccato per i lavori fotografici di Maurizio Milanesio. In controtendenza all'attuale, dominante concezione che vede il linguaggio fotografico sostanzialmente come antipittorico, l'autore sembra voler recuperare quella qualità, già implicita nella pop art, del colore apparentemente arbitrario e dell'oggettivazione, giungendo però ad imprimervi un livello di espressività drammatica.
Il dolore umano, la bestialità, l'angoscia creano il presupposto di un mondo di mostri, di fantasmi diabolici e di pànico al limite dell'alienazione. L'inferno quotidiano costituisce infatti il sostrato creativo su cui si fonda l'esperienza dell'artista, perlomeno quella che ha originato la presente sequenza di immagini.
Milanesio concepisce l'uomo, alla maniera di Francis Bacon, racchiuso in uno spazio (peraltro neppure accennato) che è gabbia fisica e psicologica, luogo di ossessioni e smarrimenti, un micidiale scenario dove la sofferenza è parossistica, urlata e filtrata attraverso gli occhi. La poetica dello sguardo, il senso profondo del "vedere" e del "vedersi" sono stati identificati spesso come "atto mortale". Jean Starobinski, nel suo saggio "L'occhio vivente" ricorda, in questo senso, i miti classici: "... Orfeo, Narciso, Edipo, Psiche, la Medusa ci insegnano che a forza di voler estendere la portata dello sguardo, l'anima si offre all'accecamento e alla notte...".
L'occhio-specchio che Milanesio raffigura con esemplare forza e crudeltà di segno, appare come incastonato nel caos del corpo e del gesto e rivela l'essenza pura, immutabile dell'uomo contro la caducità dell'esistenza. La folta serie di espressioni che caratterizzano i personaggi ritratti dall'artista, vere "personae" ossia maschere, si offre quindi ai nostri occhi come uno stravolto inventario dell'umanità, messa a nudo in quegli aspetti che molto spesso non si ama far emergere.
All'infinita varietà di stati d'animo e atteggiamenti che si direbbero provati e recitati dai protagonisti di uno psicodramma, fa da contrappunto l'immagine del "doppio", l'eterno conflitto "io-es" in un lacerante esercizio di alterità: l'individuo è il peggior nemico di sé stesso.
Ida Isoardi Novembre 2010


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